Gli elementi chiave per costituire una cornice internazionale entro cui operare secondo il rapporto Stern sono :
- favorire i sistemi di scambio dei diritti di emissione a livello internazionale e farli funzionare nei paesi in via di sviluppo o di nuova industrializzazione( basti pensare che già oggi la Cina è il più grande produttore di emissioni di anidride carbonica al mondo);
- cooperazione nello sviluppo di nuove tecnologie i cui fondi dovrebbero per lo meno raddoppiare, focalizzando la ricerca nello sviluppo di tecnologia a basse emissioni di CO2;
- la necessità di azioni per ridurre la deforestazione che da sola conta di più delle emissioni di un anno dell’intero settore dei trasporti.
Questa presentazione rende l’idea di come, sebbene non sia del tutto chiaro se i nostri tentativi di invertire il processo abbiano possibilità di successo, quello che viene qui proposto non è semplicemente una politica terzo-mondista e populista alla Pecoraro Scanio & company, quanto piuttosto l’esposizione della necessità di cambiare in modo sostanziale il nostro stile di vita e la sua cultura.
Come giustamente già sottolineato molti partiti dell’area del centro destra europea ( per esempio i conservatori britannici di David Cameron ) hanno compreso la necessità di non solo confrontarsi con la modificazione del clima, ma anche con l’esigenza di guidare questo processo.
Negli Stati Uniti di Bush mentre i Democratici propongono politiche di riduzione delle emissioni, i Repubblicani Schwarzenegger, Governatore della California, e Bloomberg, Sindaco di New York, agiscono e firmano impegnativi programmi di riduzione delle emissioni di CO2 per i prossimi decenni.
In Italia invece durante la discussione della Finanziaria è ancora oggi dubbio se il livello di spesa per la ricerca scientifica verrà tenuto allo stesso livello degli anni precedenti.
Ma perché molti partiti del centro destra sostengono oggi queste politiche che fino a poco tempo fa apparivano traballanti?
Innanzitutto la risposta sta nel fatto che al cuore della “questione climatica” sta il principio di responsabilità delle proprie azioni.
Se noi che ci diciamo conservatori liberali vogliamo offrire una “nuova” proposta culturale e politica dobbiamo riconoscere che la “questione climatica” è senz’altro un veicolo formidabile per promuovere, diffondere e riaffermare la tradizione del principio di responsabilità.
In secondo luogo, dal punto di vista del realismo politico la possibilità di sviluppo economico derivante dalla spinta all’innovazione e quindi a nuovi ingenti investimenti offrono la prospettiva di un vantaggio strategico derivante dalla creazione di una nuova economia che ha la potenzialità di diventare rivoluzionaria assicurando che quel gap tecnologico tra Occidente e il resto del mondo che oggi si sta gradualmente riducendo soprattutto con i paesi asiatici, rimanga invece inalterato
La rivoluzione climatica è, quindi, prima di tutto un fatto culturale, poi economico e politico che ha la potenzialità di rovesciare molti di quei rapporti di forza che fino ad oggi apparivano come consolidate, prima tra tutte la fine della dipendenza energetica dai produttori di idrocarburi