martedì 8 aprile 2008

Una guida aggiornata alla politica estera americana? “Il padrino” di Francis Ford Coppola.

Quali sono oggi le diverse tendenze e le scuole di pensiero nella politica estera americana?

E’ una questione non di poco conto, che dipende dal modo in cui gli americani di diverso orientamento politico e culturale vedono il mondo.
Le primarie americane, infatti, sono oggi al centro dell’attenzione mondiale perché le scelte del prossimo inquilino della Casa Bianca avranno una influenza determinante anche per la vita di chi americano non è.
Democratici e repubblicani appaiono ad un pubblico europeo molto spesso come sostenitori di politiche estere diametralmente opposte. In realtà, le cose sono più complesse e trascendono le barriere dell’appartenenza ad un partito piuttosto che all’altro.

A questo proposito, John Hulsman e A.Wess Mitchell hanno recentemente pubblicato su The National Interest, rivista sostenitrice del realismo politico, un articolo che, utilizzando come metafora le vicende narrate nel film “il padrino”, intende spiegare quali scelte strategiche l’establishment di Washington deve affrontare nella realtà dei rapporti internazionali del ventunesimo secolo.

Nella metafora usata da Hulsman e Mitchell, ogni personaggio rappresenta un modo di pensare e un atteggiamento verso il mondo in modo analogo alle diverse visioni della politica estera americana.

Don Vito Corleone è l’emblema del potere americano uscito vincitore dalla Guerra Fredda che non riesce a comprendere il nuovo mondo che ha davanti, proprio come l’America l’ 11 Settembre 2001.
Nel film, don Vito Corleone viene gravemente ferito per strada da sicari inviati per ucciderlo da Virgilio Sollozzo detto “il Turco”.

I figli del padrino, invece, rappresentano ognuno uno dei modi in cui la politica americana pensa di raccogliere l’eredità lasciata dal padre in seguito all’attentato.
Tom Hagen, Sonny e Micheal diventano allora l’istituzionalismo liberale, il neoconservatorismo e il realismo che competono tra di loro per ristabilire l’ordine mondiale minacciato da Virgilio Sollozzo

Tom Hagen, meglio noto come “il consigliere”, vorrebbe rimettere le cose come stavano, tornare a quell’ idilio a cui era abituato e da cui tutte le famiglie criminali di New York traevano vantaggio.

Allo stesso modo, Hillaty Clinton in Foregin Affaris ha espresso il suo desiderio di rimettere indietro le lancette dell’orologio e ha ribadito “la necessità di rimettere gli Stati Uniti al proprio posto” ossia tornare ad una “benevola egemonia” mondiale dell’America.
La diplomazia è, pertanto, lo strumento preferito per affrontare il “nuovo entrato” Sollozzo, di cui si presume la volontà di volere far parte dell’ordine costituito.
Similarmente, l’istituzionalismo liberale, preponderante nel partito Democratico, vorrebbe far entrare pienamente l’Iran nella comunità internazionale.
Non solo, ma presume anche che le altre potenze non siano interessate a rovesciare lo status quo mentre la famiglia / Stati Uniti è distratta dai Virgilio Sollozzo & C.

Ma i presupposti su cui si basa la devozione verso la diplomazia degli istituzionalisti liberali sono solo illusioni.
La potenza degli Stati Uniti non è più quella di un tempo e il mondo sta passando velocemente ad un ordine multi-polare. Cina, Russia, India e Brasile non hanno molto interesse ad impedire che stati canaglia come l’Iran rompano l’equilibrio.
Non solo, ma i Virgilio Sollozzo di questo mondo hanno un atteggiamento opportunistico, interessati a guadagnare il più possibile dalla transizione da un sistema unipolare a quello multi- polare.

Sonny, invece, è il figlio di don Vito Corleone che vuole smetterla di “mostrare debolezza” e ritiene che l’unico modo di rispondere all’affronto di Sollozzo sia quello di eliminare ogni possibile minaccia all’impero di famiglia tramite l’uso spregiudicato della violenza.
Nonostante il fatto che lo stesso don Vito Corleone ritenga che simili minacce alla propria posizione di potere siano un fatto scontato, Sonny decide di scatenare una guerra tra gangster che farà rivoltare contro di lui le altre famiglie mafiose fino ad allora alleate e in cui egli stesso rimarrà vittima.
La decisione di Sonny non farà altro che accelerare il declino della famiglia.
Secondo Hulsman e Mitchell, Sonny rappresenta la posizione neoconservatrice che reagendo emozionalmente all’ attacco dell’11 settembre si è esposta ancora di più ai suoi nemici e ha rovinato il rapporto con i suoi tradizionali alleati.

A salvare la famiglia nel film di Scorsese è il figlio di don Vito Corleone più giovane e con meno esperienza, Micheal. Egli rifugge da un approccio quasi dogmatico di Tom e Sonny. Il suo unico scopo è quello di tutelare gli interessi della famiglia ad ogni costo e con ogni mezzo a suo disposizione.
Micheal ha compreso che per salvare la propria famiglia dal declino dovrà far si che la famiglia si adatti ad un nuovo contesto in cui ci sono nuovi attori.

Secondo una terminologia politologica Micheal è un realista.

Per Micheal l’uso della diplomazia e della forza militare hanno solo un valore tattico e non strategico e sarà dunque utile combinare questi strumenti a seconda della situazione.

Ma ciò che più conta è che Micheal comprende l’importanza delle alleanze della famiglia. Mentre Tom le dava per scontate, Sonny se ne infischiava. Tutto ciò non è più possibile per la sopravivenza della famiglia.
In un mondo multi-polare anche le alleanze con gli alleati più piccoli hanno la capacità di dare un vantaggio decisivo agli Stati Uniti.
Allo stesso modo le istituzioni internazionali, che riflettono ma non sostituiscono l’equilibrio di potere sottostante, possono essere usate come incentivi per far partecipi le potenze emergenti al nuovo ordine piuttosto che averli coalizzate contro.

La suggestione metaforica evocata dagli autori dell’articolo appare utile per comprendere come le differenze tra le diverse scuole di pensiero siano oggi al centro della campagna per le elezioni presidenziali di novembre.
Hillary Clinton e Barack Obama si sfidano per la nomination democratica mostrandosi come propensi alla diplomazia ma, allo stesso tempo, si sforzano di ingraziarsi l’elettorato più moderato rafforzando la propria credibilità per quel riguarda il tema della sicurezza nazionale.

Il già sicuro candidato repubblicano Jonh McCain, invece, si è definito, durante un discorso a Los Angeles, un “realista idealista”, definizione che attrae l’attenzione di molti potenziali elettori indipendenti e democratici, ma probabilmente cerca anche di accontentare le diverse anime della frammentate coalizione repubblicana.
Il discorso di McCain ha infatti seppellito l’unilateralismo dei primi anni dell’Amministrazione Bush e posto al centro della visione di politica estera del candidato repubblicano una maggiore attenzione per le alleanze con i paesi democratici.

Nonostante questo, la campagna elettorale americana è oggi impegnata, in entrambe i partiti, nel tentativo di totale discontinuità con gli otto anni alla Casa Bianca di Bush, a volte dimenticandosi che il nuovo Presidente, chiunque egli sia, non potrà far sparire con un semplice colpo di bacchetta magica gli effetti della guerra in Iraq.

John Hulsman e A. Wess Mitchell hanno ragione nel sottolineare che è venuto il tempo per gli Stati Uniti di affrontare con coraggio i cambiamenti epocali che l’ordine mondiale sta subendo.
La vera scelta per gli Stati Uniti, in definitiva, è la seguente: vivere nel ricordo del passato come Tom e Sonny oppure affrontare il nuovo scenario con la flessibilità di Micheal.

Il padrino avrebbe approvato.