mercoledì 9 maggio 2007

Come cambieranno i rapporti Usa-Francia (l'Occidentale)

L’elezione di Nicolas Sarkozy a Presidente della Repubblica francese rilancia le possibilità di riforma dell’Unione Europea, apre nuovi scenari possibili verso il Grande Medio Oriente e supera la rottura transatlantica dopo la guerra in Irak. Non appena avuto la notizia della sua elezione il Presidente Sarkozy recatosi nella “Salle Gaveau” a Parigi ha dichiarato alcuni punti della sua politica estera. Innanzitutto ha affermato che la Francia tornerà ad una politica estera attiva e che questa attività sarà basata su “i valori universali di tolleranza, libertà, democrazia e umanesimo”. Per Le Figaro, Sarkozy cercherà di coinvolgere maggiormente il Parlamento nella definizione della politica estera ridefinendo la nozione di politica estera come “dominio riservato” della Presidenza della Repubblica e che il suo predecessore Jacques Chirac ha molte volte utilizzato creando lo stile di una politica estera “personale”. Inoltre, sembra già chiaro che vi sarà un riavvicinamento francese ad Israele e un atteggiamento di fermezza verso le ambizioni nucleari iraniane.
Data la non scontata vittoria nelle ormai prossime elezioni politiche, Sarkozy dovrà necessariamente porre delle priorità nelle sue iniziative di politica estera. Il Consiglio Europeo di giugno avrà il compito di convocare una conferenza intergovernativa da tenersi entro la fine dell’anno con il preciso compito di formulare un nuovo trattato che preveda la fine della presidenza a rotazione e quindi l’introduzione di una presidenza fissa, un responsabile dell’attività diplomatica dell’Unione e l’instaurazione di nuove formule di cooperazione rafforzata. Secondo il Financial Times, nell’imminenza del passaggio di consegne a Downing Street tra Tony Blair e Gordon Brown, l’incontro del prossimo giugno metterà in luce quali possibili convergenze esistono concretamente tra le due sponde della Manica. Tony Blair ha già fatto sapere che vorrebbe porre la propria firma sul trattato ma Gordon Brown e il suo entourage, non avendo ancora chiarito la loro posizione, sembrano preoccupati da posizioni eccessivamente vincolanti.
La questione dello sconto britannico e della nuova quota da assegnare alla Politica Agricola Comune (e ai vantaggi per gli agricoltori francesi) nel bilancio comunitario saranno probabilmente al centro della discussione dopo che lo scontro Blair-Chirac di qualche Consiglio Europeo fa aveva rimandato la questione a data da destinarsi. La proposta Sarkozy di un “mini-Trattato” sembra possa essere apprezzata da Londra e dalla presidenza di turno tedesca di Angela Merkel ansiosa di mostrare progressi e significativi risultati. Molto interessante è l’intreccio tra un rilancio della proposta di una “Unione del Mediterraneo” e il rifiuto del nuovo presidente francese ad un allargamento alla Turchia. La convergenza delle opinioni con il Cancelliere tedesco Angela Merkel, anch’essa contraria ad un allargamento alla Turchia ma disposta ad una partnership privilegiata, si articola con la proposta di Sarkozy di un’Unione mediterranea in cui l’interesse francese è preminente. Le passate iniziative Euro Mediterranee finora hanno avuto scarso successo per la mancanza d’interesse politico.
Spostare lo sguardo sul “cortile di casa” europeo come possibilità concreta di sviluppo della impalpabile politica estera europea è un fatto positivo. Sarà necessario verificare la fattibilità di un tale progetto e se la Turchia si sentirà soddisfatta di una soluzione di questo genere oppure segnerà un insanabile punto di rottura con l’Europa. E’chiaro che l’Italia, posta in mezzo al Mediterraneo, non può stare alla finestra e ha tutto l’interesse a espandere la propria influenza in questo settore. Infine il rapporto transatlantico. Nicolas Sarkozy nei mesi scorsi ha fatto capire di essere favorevole a un ritiro del contingente francese dall’Afghanistan e alla definizione di un calendario per il ritiro delle truppe americane dall'Iraq. Di sicuro non sembrano proposte che possano fare felice l’amministrazione Bush.
Secondo Christopher Chivvis, editorialista dell’International Herald Tribune, Nicolas Sarkozy è sì filo-americano, ma non in politica estera. Secondo Chivvis l’americanismo del nuovo presidente si riscontra soprattutto “in questioni di economia, società e in modo minore cultura”. L’attuazione del Protocollo di Kyoto, scetticismo circa l’installazione di sistemi anti-missile in Polonia e Repubblica Ceca, il no all’allargamento alla Turchia, il porre limiti di tempo alla presenza americana in Iraq e a quella francese in Afghanistan non sono senz’altro segni di condivisione della politica estera americana. Per Chivvis la posizione di politica estera di Sarkozy riflette soprattutto la difficoltà di attuare quelle politiche di riforma economica in Francia e di dovere far fronte al crescente peso dei 5 milioni di musulmani francesi. La variazione delle aspettative tra le due sponde dell’Atlantico dipendono dal successo dell’attuazione di queste riforme “lacrime e sangue”, chiave di lettura per comprendere una rinnovata fiducia nei rapporti con gli Stati Uniti.
E’ evidente che l’elezione di Sarkozy in Francia ha generato molte aspettative. Come ha scritto Tim Hames sul Times di Londra, Sarkozy “deve far incontrare questa nazione incredibilmente ostinata (la Francia) con la realtà di un’economia gobalizzata che non dà spazio alla settimana da 35 ore”. In effetti , scrive Hames, Sarkozy è “l’ultima spiaggia per la Francia”.